lunedì 31 marzo 2014

Roots

Come ogni quinto sabato del mese a bologna c'era stata la critical mass notturna. Dopo due ore di girovagare a zonzo nella notte erano finiti all'Xm. Non prima di aver attraversato vie cittadine sconosciute, piste ciclabili periferiche non prive di fascino, tra chiazze di verde urbano circondate da agglomerati industriali, dalla ferrovia, dai sottopassi di stradoni sempre trafficati. Strade di una bologna antica una volta solcate dai buoi, da contadini in bicicletta.
In cucina l'acqua già bolliva.
Lakbill era stato allertato telefonicamente e aveva acceso i fuochi da un po'.
Con il niente a disposizione era stata inventata una pasta veloce. Un fungo, degli asparagi raccolti in giornata da francesco, tre cipolle recuperato in extremis, della pasta portata là in previsione della cena.
Quella sera c'era la serata di autofinanziamento della ciclo. Per questo avevano chiamato i cassonetto crew, una banda di dj specializzati in trash. Quello era il genere in voga da quelle parti. Sarebbe venuta un sacco di gente pronte a sfasciarsi fino all'alba cantando canzoni retro popolari, a ballare qualunque cosa in nome di uno spirito profanatore a trecento sessanta gradi.
Già da qualche giorno marco zen si era reso disponibile per dare il suo contributo. Facendo quello che sapeva fare meglio. Il dj. Anche per variare l'offerta, per non omologarsi alla moda del momento. Vada allora per una più “seria” tecno house acida, minimale, deep come da tempo non si sentiva più. Suonata in ciclofficina a fianco di tanti strumenti, pezzi di bici ora a fare da pendent, sospesi dalla loro specifica vocazione pratica almeno fino all'alba del giorno dopo.
Nessuna risposta nei giorni precedenti.
Solo lì tra un piatto di pasta e l'altro la decisione.
Allora la facciamo questa serata?
Vai a prendere la musica, lo stereo, che al resto ci pensiamo noi.
Insomma il solito spirito della cicloffina.
Con l'aiuto di luciole, venuta da boulogne a bologna per qualche giorno riuscirono a traslocare lo stereo da casa all'xm. Nel frattempo i raga in un batter d'occhio avevano allestito la pista. Lo spazio delimitato da due tavoli di traverso un po' prima della saracinesca. In un baleno furono trovate le prolunghe. Risolti i soliti problemi tecnici del caso si poteva partire. Mezzanotte e mezzo. In perfetto orario. Via a far “girare” i pezzi. Altri i tempi del vinile, dei piatti technis. Ora con il solo portatile e dei brani scaricati aggratis si poteva fare tutto. Il solo ditino sul trackpad bastava per compiere le operazioni necessarie per mixare i pezzi, per sporcare il suono con effetti speciali. Una volta attivatosi non si fermò più. Un pezzo dopo l'altro. Anche se a volte non c'era nessuno. Al massimo l'interminabile fila per andare al cesso. Lì a aspettare a ritmo di musica, a muoversi nonostante tutto.
Nessuno lo conosceva.
Di solito suonava le sue playlist in casa.
Per sé, per i vicini loro malgrado.
Dopo un tot di tempo alzò la testa.
Quanto era stato lì.
Due ore al massimo ipotizzava.
Anche perché non voleva fare tardi.
L'indomani c'erano dei libri ad aspettarlo.
Con sua sorpresa scoprì di aver fatto le cinque di mattina.
Un tempo immenso volato via come non fosse stato.
Perso tra quei coinvolgenti ritmi frazionati era riuscito a evadere dalla morsa del tempo per entrare in quella dimensione di eterno presente vissuto in tutta la sua pienezza. Un attimo magico, entusiasmante, quasi fosse in trance. Tutto con estrema naturalezza. Alle cinque di mattina c'era ancora tanta gente a ballare. In molti sorpresi positivamente da quella musica così poco usuale per bologna.
Ej ma dove metti sta roba?
A casa, quando non dorme il vicino.
Quel giorno era riuscito a dare il meglio di sé senza risparmiarsi. In molti lo avevano percepito. C'era chi gli portava da bere, chi gli offriva le sostanze giuste. Roots pura. La vera essenza della musica house, quella fatta in casa, con quanto disponibile. Con la partecipazione spontanea di tutti.
Indimenticabile.
Forse irripetibile.
Alle sei di mattina la ciclofficina aveva già ritrovato il suo aspetto più usuale. Come nulla fosse mai stato.

venerdì 21 marzo 2014

La grande illusione

Ho dormito a jesi.
L'alba a casa di fabrizio è bellissima.
Il sole sui colli lontani velato da una leggera nebbiolina,
Tanta luce rifratta.
La sospensione totale.
Solo un rumore di fondo monotonale tutto assorbente.
Rimango per un po' così a guardare fuori. Immerso completamente in questo scenario mitico.
Non dura molto.
La vita chiama.
Alle otto e un quarto chiudono i battenti della scuola elementare.
Prima c'è da fare la colazione, preparare gli zaini, accertarsi di non dimenticare nulla.
Il tempo anche di sapere l'orario delle lezioni.
Italiano, matematica, ginnastica...
Otto meno qualche minuto e via.
Loro in macchina.
Io in bici.
Giù per le colline verdi.
Verso la città.
Come dentro un'arteria periferica si arriva velocemente al flusso principale.
Le tante macchine ordinate fanno la fila davanti al semaforo.
Per andare al lavoro, per portare i figli a scuola.
Altri in netta minoranza pensano come ammazzare un'altra giornata tutta da inventare.
La meta probabile la biblioteca.
La mattina il momento buono per destreggiarsi tra i vuoti bianchi delle parole messe in croce sulla carta come tanti ostacoli da evitare per non cadere nella loro trappola.
In tale flusso vitale dove tutti hanno uno scopo, una meta definita, mi perdo.
Lo stesso smarrimento di un alieno venuto da chissà quale pianeta capitato lì per caso.
Se oggi la parola nichilismo ha ancora un qualche significato penso sia proprio questa sensazione di non appartenenza a niente, di identificazione fallimentare.
Posso solo guardare quel popolo incantato con stupore.. Senza riuscire a spiegarmi come fanno a essere così attivi, positivi come nulla fosse.
Certo quella sensazione provata la mattina presto tra le colline, con quella luce rimane. Ti senti per un istante a casa. Ma in mezzo quel vitalismo inutile resta un ricordo lontano.
In quella pace interiore il desiderio di non esserci più, di poter sparire a comando con un tocco di bacchetta magica.
Non funziona così.
In mezzo a tante persone aliene non più amiche c'è da passare ancora un pugno di ore.
Il tempo di digerire il nulla assoluto della sera prima per smaltire la "grande bellezza" locale. Niente di sfarzoso, chiassoso. Altri i ritmi, gli ambienti.
Alla fine a prevalere le buone cose di qua, la cucina, il vino, gli ottimi alimenti a dare sostanza a quel vuoto cosmico, a salvare la serata.
Un attimo di ingenuità fatale pensare di riuscire a entrare in quei riti, a integrarsi in quei contesti per mettere radici, per rovesciare la gettatezza in pro-getto. Come dire a una medusa caraibica con i suoi lunghissimi filamenti tesi dalla corrente di fare la cozza patella in uno scoglio della riviera.

mercoledì 5 marzo 2014

Alien ou l'invasion des profanateurs*... ovvero me stesso allo specchio

Hai imparato l'arte più importante nella vita. Sopravvivere. Con ogni mezzo. In modo disumano... La verità più profonda dell'uomo... mascherandoti bene... usando le parole in modo creativo... Ma non basta per apparire candidi... tutto ha un costo, alla fine il biglietto lo si paga comunque.... questa la giustizia silenziosa del tuo corpo. Tutto verrà comunque reso. Contro la tua volontà incosciente. Macchina da guerra spietata. Questa la lezione che ancora non hai compreso nonostante tutto. E fare la vittima non ti è certo d'aiuto. Al massimo può metterere a tacere la tua nevrosi. Ma si tratta di un misero compromesso.

*Profanateurs... in italiano ultracorpi meglio in inglese body snatchers rubatori di corpi...

domenica 2 marzo 2014

Acqua alta

Venezia.
E' carnevale.
Tanta gente desiderosa di festeggiare.
Molti sono in costume.
A volte basta poco.
Una mascherina in volto.
Di quelle con il naso lungo, gli zigomi pronunciati.
Tra le solite calli un via vai continuo.
Impossibile stare fermi in vista della sera.
Ponte dell'accademia.
Il cielo è scuro.
Qualche goccia.
Poi un forte vento carico di pioggia incurante dei passanti.
A poco serve l'ombrello.
Già la mattina alle zattere il mare è mosso.
Lungo il canale tante onde.
Un ribollire continuo.
Impossibile contenere la tensione sulla superficie increspata.
Oggi è un altro giorno.
Lontani ricordi il sole caldo a scaldare il muro.
La linfa vitale ha ripreso a scorrere viva tra i canali.
A ricordarci l'inverno ancora non finito.
Come posseduta senti forte la potenza della natura tra le calli strette della città.
L'energia monta.
La senti vibrare dappertutto.
Tra le parete neri di vicoli stretti poco illuminati, sull'acqua opaca gonfiarsi a ritmo sotto i portici. Onda dopo onda, centimetro dopo centimetro il mare prova a riconquistare terreno.
Lentamente.
Con una pazienza infinita.
Uno schiaffetto per volta sugli scalini in marmo di un pontile, sulla superficie in mattone di una casa immersa fin nelle fondamenta in un canale.
Nei punti più bassi, l'acqua tracima dalle fogne.
Un ribollire costante.
A piazza san marco battuta da una pioggia incessante vedi già le prime pozzanghere in corrispondenza dei tombini.
Tutto sta per essere sommerso.
L'orario critico è per le undici di sera.
Per le strade non si vende solo ombrelli.
Fanno capolino anche i primi stivali di plastica.
Ancora due ore.
In pochi a pensare al carnevale.
I negozianti, quelli più esposti, già si barricano.
Serrano le porte con alte tavole di metallo.
I più previdenti hanno le coperture in nylon ai piedi.
Di colore giallo, arancione, verde.
I più alla moda neri a pois grigio scuro.
Per completare il look un impermiabile di plastica per far scivolare via tutta quella pioggia.
Acqua dappertutto.
Dall'alto.
Dal basso a salire.
Non c'è scampo.
Eppure la gente non ci fa troppo caso.
Continua a vivere come niente fosse.
Qualcuno gira ancora in maschera.
Nei palazzi signorili i preparativi vanno avanti senza sosta.
Cenoni a tre zeri, spettacoli teatrali per pochi, per animare la notte fino a l'alba.
Fuori nelle vie oramai sempre meno.
Chi non ha trovato ancora posto può al massimo scattare qualche foto dalle finestre illuminate.
Poco tempo.
Per non essere colti impreparati dall'onda scura in procinto di purificare le viuzze dai coriandoli lanciati fino il giorno prima.
L'indomani mattina piove.
Un rapido sguardo fuori.
Il peggio sembra essere passato.
Davanti una giornata come tante.